Lo possiamo definire il Salento delle contraddizioni. Lo scorso anno, infatti, in provincia di Lecce sono state aperte più di mille imprese ma in nessun settore si registra una crescita. L’ ufficio del Registro delle imprese dell’ ente camerale salentino registra al 31 dicembre 2010 un saldo positivo di 1.062 imprese. In altri tempi si sarebbe parlato di boom, invece, ora, è meglio richiamare tutti alla prudenza. Nel gruppo delle nuove aziende spiccano le cosiddette imprese non classificate. Aziende che sono nate nel corso dell’ anno, ma che sono arrivate al 31 dicembre in crisi di identità. I titolari non hanno ancora deciso in quale settore cominciare ad operare. Basta pensare che sono solo 88 le “non classificate” che figurano come attive. Le nuove iscrizioni di queste “non imprese” sono 2mila e 80; le cessazioni 567; il saldo attivo delle particolari aziende è addirittura 1.673. Un dato che “droga” il bilancio 2010. Salgono così a quota 5mila 981 le partite Iva accese in attesa di funzionare. Dati che non chiariscono quale direzione abbia intrapreso il tessuto imprenditoriale salentino che è vittima in tutti i settori economici di una vera e propria débacle. Sul sito internet della Camera di Commercio di Lecce si legge: “Positivo il bilancio della struttura imprenditoriale salentina. Ma è davvero così? In realtà non c’ è molto da stare allegri. Il 2010, a differenza degli ultimi due anni, si è chiuso effettivamente in positivo. Ma quel che viene alla luce, incertezza a parte, è l’ estrema volatilità del sistema: 6mila e 2 iscrizioni nel Registro delle imprese a fronte di ben 4mila 940 cessazioni. Dopo il passivo di -222 unità del 2008 e di 1.159 nel 2009, arriva il saldo positivo di 1.062 imprese. Tra i settori reali è un’ ecatombe: tutti in caduta libera, eccezion fatta per la piccola risalita (dopo il tonfo degli ultimi anni) di costruzioni (80 imprese in più), servizi alle imprese (+2 aziende), sanità ed assistenza sociale (+1 unità), attività di servizi più in generale (3 realtà imprenditoriali in più). In sintesi è facile intraprendere un’ attività, ma è ancor più facile chiuderla. L’ economia locale va ad assumere una nuova fisionomia. I tre settori tradizionali sono in netto calo. Nel 2005 il comparto agricolo rappresentava il 17,3% dell’ intero tessuto imprenditoriale salentino, oggi è sceso al 14,7%. Il manifatturiero che cinque anni fa costituiva il 12,7% oggi è al 10,3%; in ribasso anche il commercio, dal 32% al 30%. Il settore che ha sofferto di più nel 2010 è stato il manifatturiero. 246 nuove industrie a fronte di 523 cancellate: il saldo è sicuramente tra i peggiori degli ultimi anni, -234 aziende (-3,04% il tasso di crescita). In termini assoluti solo il settore del commercio è andato peggio: la crisi si è portata via 1.615 aziende; perdite solo in parte compensate da 1.315 nuove iscrizioni per un saldo negativo di -299 unità (-0,99%). Diminuiscono anche le aziende nel campo agricolo (-104 unità per un tasso a -0,97%). In calo anche il turismo (45 aziende in meno nei settori dei servizi di alloggio e ristorazione). Complessivamente il tasso di crescita annuo è risultato più alto, sia rispetto al dato medio nazionale (+1,19%), sia a quello pugliese (+1,34%). Sembrerebbe che l’ allargamento della base imprenditoriale registrato nel 2010 sia una risposta da parte degli italiani alla crisi occupazionale. Anche se poi larga parte dei nuovi imprenditori, almeno di quelli salentini, non sa quel che è e ciò che vuole. Contraddizioni di una terra splendida, unica, come il Salento. (Foto e immagini da Google.it)