“Lunedì nero” per le borse di tutto il mondo sulla scia del crollo delle borse già avvenuto la scorsa settimana. Il motivo principale è dato dal panico che si è diffuso a seguito dalla situazione creatasi in Cina, dove, il mercato finanziario è cresciuto moltissimo fino a giugno per crollare poi in picchiata. Nonostante il governo cinese abbia adottato diverse misure negli ultimi per cercare di arginare la caduta, non ha registrato alcun successo. In un paese dove il mercato finanziario è poco sviluppato, se paragonato all’estensione del paese, e i mercati sono meno liberalizzati, rendere lo yuan libero di fluttuare secondo il volere degli investitori ha provocato effetti disastrosi. Il disastro è iniziato nel mese di giugno dello scorso anno quando i prezzi delle azioni sono cresciuti enormemente senza particolari ragioni collegate ai risultati delle aziende, creando una bolla finanziaria data dall’eccessivo entusiasmo. Secondo gli analisti l’esaltazione del mercato ha iniziato a rallentare e gli investitori hanno iniziato a vendere generando il panico delle borse con risultati devastanti. D’altra parte l’economia europea, e quella dell’area euro in particolare, non sembrano propriamente in ripresa. I dati del PIL europeo si sono rivelati peggiori del previsto. Nel secondo trimestre del 2015 l’area euro è cresciuta dello 0,3 per cento, invece dello 0,4 stimato in precedenza. La Francia è rimasta in stagnazione e l’Italia è cresciuta di appena lo 0,2 per cento contro lo 0,3 stimato. Cioè niente se si pensa alla congiuntura economica favorevole che – per l’Europa – dovrebbe essere particolarmente promettente: il notevole abbassamento del prezzo del petrolio, il programma di acquisti di titoli di stato della Banca Centrale Europea e il deprezzamento dell’euro. Come ha detto Alessandra Migliaccio, capo dell’ufficio di Roma di Bloomberg News, «l’economia europea si trova sotto steroidi, eppure non riesce a crescere più dello zero virgola». Gli analisti puntano il dito contro le autorità del colosso asiatico, accusate fin qui di aver agito in modo frammentato, incapaci di infondere sicurezze agli investitori. Da quando Pechino ha svalutato lo yuan si sono persi più di 5mila miliardi di dollari di capitalizzazione azionaria in giro per il mondo. La Commissione nazionale per lo sviluppo e le riforme (Ndrc), la principale agenzia per la pianificazione economica della Cina, ha confermato comunque i target di crescita per il 2015 e quindi anche l'obiettivo di una crescita del Pil del 7% quest'anno, nonostante le "crescenti pressioni al ribasso".