Torino – 26 marzo 2016 – Quartiere Centro. Vengo svegliata in piena notte dai, cosiddetti, “schiamazzi notturni”. Sento urla, risate, colpi, corse, discussioni, poi silenzio e di nuovo ricominciano. La tentazione è quella di prendere il telefono a chiamare il 113 perché alle due di notte “la gente ha il diritto di dormire”. Allungo la mano verso il cellulare quando, in mezzo a quell’insopportabile frastuono, sento nitida la parola LIBERO! Mi blocco e poi sento altri LIBERO, risate, corse, ancora altre parole urlate più forte come “Ti ho visto!”. Quando, infine, nel silenzio intermedio, percepisco nitidamente lo snocciolare dei numeri 1,2,3,4,5….mi è tutto chiaro: un gruppo di cinque, sei ragazzi e ragazze sui vent’anni stanno giocando a Nascondino. Metto giù il cellulare e dopo un attimo di incredulità – niente ubriachi, depravati, drogati o teppisti di strada, ma semplicemente ragazzi -, mi godo in piena notte il gioco che fu mio e di tutti. Nella notte del Sabato Santo, che per i cattolici è come lutto pieno e dopo gli attentanti di Bruxelles, ancora tristemente raccontati dalla straziante processione dei parenti in coda per il riconoscimento dei familiari, reale via Crucis, quel gioco, il Nascondino, preannuncia già una Resurrezione. Nel gioco la parola LIBERO e l’ultimo che LIBERA TUTTI. Liberi e uniti di fronte ai terroristi che non spegneranno il sorriso e i sogni dei nostri figli; Liberi e solidari perché anche uno solo lotta per liberare gli altri; Liberi e sani nonostante le difficoltà e le paure che devono superare tutti i giorni. I ragazzi giocando si riappropriano della città, della libertà e il brusio, il cicaleggio che ne scaturiva, improvvisamente non erano più schiamazzi notturni ma il suono naturale della vita che vince e festeggia in una notte preludio di primavera. Nessuno nel quartiere ha chiamato la polizia, come se il quartiere, la città, sentisse l’élan vitale, fondamento della vita, che arrivava da quei ragazzi; solo un silenzio attorno al gruppo a protezione delle voci dei ragazzi che uniche si innalzavano dalla strada verso l’alto. Li ho ascoltati e mi sono crogiolata nei ricordi fino alle quattro del mattino quando il brusio è diventato una ninna nanna che cullava il mio dormire. Non so quando siano andati via, ma avverto quei ragazzi: se dovessero giocare di nuovo sotto la mia camera da letto mi troveranno giù a correre e gridare IL MIO CANTO LIBERO! con loro.