Sergio Marra, 36 anni, operaio di Bergamo, ha deciso di farla finita. Lo ha fatto nel modo più brutale possibile, come a voler attirare l’ attenzione sul dramma da lui vissuto e che lo ha portato a compiere un gesto così estremo. Poco dopo le 10 di sabato 30 gennaio si è fermato con la sua auto in una strada della periferia di Brembate, si è rovesciato addosso una tanica di benzina e con un accendino si è dato fuoco fino a trasformarsi in una torcia umana. A soccorrerlo per primi sono stati due operai che si trovavano a passare in quel momento. Hanno cercato di aiutarlo gettandogli addosso il loro giubbino, ma decisivo è stato l’ intervento di una donna che ha contribuito a spegnere le fiamme grazie ad un estintore che aveva nel bagagliaio della sua auto. Le condizioni del giovane operaio, soccorso da un equipaggio del 118, sono sembrate subito disperate. E’ stato portato immediatamente agli ospedali riuniti di Bergamo dove, considerata la gravità delle ustioni, hanno deciso di trasferirlo al Centro grandi ustionati di Verona. La sua agonia è durata poco: la mattina del 31 gennaio è morto. Ma chi era Sergio Marra? Sergio Marra era un operaio che lavorava in una piccola azienda di stampaggi plastici, una delle tante fabbrichette della zona industriale della Bassa bergamasca che stanno pagando cara la crisi economica. Piccole realtà con meno di 15 dipendenti, dove latita la presenza di organismi o delegati sindacali, dove chi resta disoccupato temporaneamente o in via definitiva, rischia di non trovare un interlocutore. Dapprima la cassa integrazione poi, dopo pochissimi mesi, il licenziamento per la chiusura dell’ azienda per cui lavorava, costretta a depositare i libri in Tribunale a causa della crisi. Da agosto dell’ anno scorso lavorava senza percepire nulla e l’ azienda non gli versava neanche i cedolini paga, per cui sarebbe stato molto complicato per lui, se non proprio impossibile, dimostrare che aveva comunque lavorato. Sergio, secondo le testimonianze della moglie e di alcuni parenti e amici, aveva accusato un forte contraccolpo psicologico e non avendo trovato le energie mentali per reagire era caduto in depressione non vedendo alcun futuro davanti a sé. A poco sono valse le rassicurazioni dei suoi cari che invano hanno cercato di incoraggiarlo. Nonostante non avesse mai manifestato propositi suicidi, aveva progettato tutto con precisione e al momento di uscire da casa aveva detto alla moglie che si sarebbe assentato solo per qualche ora. A conferma di quanto scritto, la ricostruzione dei carabinieri, secondo la quale all’ origine del tragico gesto ci sarebbe proprio lo stato di profonda prostrazione in cui l’ uomo si trovava a causa della perdita del posto di lavoro. Una storia triste, che forse non ha conquistato le prime pagine dei giornali e i titoli di apertura dei telegiornali, perché ha come protagonista un uomo qualunque, uno come tanti, e non un potente. Un uomo che avrebbe meritato maggiore aiuto. Una storia che lascia l’ amaro in bocca se solo si pensa che l’ art. 1 della Costituzione recita che “ L’ Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, e che secondo l’ art. 4 “ La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. C’ è da augurarsi che il gesto estremo di quest’ uomo non venga dimenticato, ma che il suo ricordo viva sempre con noi, affinché si possano mettere al centro della vita gli uomini con i loro sentimenti e la loro dignità e non il profitto. (Foto e immagini da google.it)