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Febbraio 2024 - Anno XVII - Numero 1 - Giovedì 18 Aprile 2024
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ORO ROSSO SANGUE

Morire cercando l' oro

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Nella regione centro occidentale del Ghana, ex Costa d’ oro, migliaia di cercatori d’ oro derelitti e illegali scavano e setacciano con le ginocchia immerse nell’ acqua di buche acquitrinose. Il cielo è privo di stelle ma ricco di nuvole cariche di pioggia equatoriale e di zanzare portatrici di malaria. Le notti durano 12 ore. E’ difficile dormire senza aria condizionata, figurarsi picconare e spalare. Le uniche luci che si vedono sono quelle blu delle torce dei galamsey. Molti villaggi sono ancora sforniti di luce elettrica. In Ghana decine di nuovi galamsey (neologismo ghanese frutto della fusione e storpiatura dei verbi inglesi gather e sell, raccogliere e vendere) sono costretti ad adattarsi a lavorare nel buio. Questo perché nelle miniere a cielo aperto c’ è posto solo durante i turni di notte. Una competizione selvaggia tra poveri cristi. Il numero dei cercatori d’ oro, infatti, sta crescendo esponenzialmente tanto che gli ultimi arrivati, specialmente dalla lontana regione del lago Volta, trovano lavoro solo nelle miniere illegali che ormai aumentano a dismisura in ogni angolo della giungla e della foresta equatoriale, distruggendole. Un danno ambientale che mette a repentaglio anche le aree protette. I rappresentanti dei villaggi della Bepo forest – a 4 ore di macchina a nord di Accra – hanno indirizzato una lettera al ministro delle terre e delle miniere per protestare contro la concessione di una vasta area della riserva, data alla Newmont, uno dei colossi americani dell’ estrazione mineraria. “Chiediamo che perlomeno si faccia una miniera sotterranea, per risparmiare alberi, piantagioni e soprattutto le sorgenti di molti fiumi del Paese”, hanno scritto. “In Ghana oltre 200 corsi d’ acqua sono stati contaminati dal cianuro che viene usato dalle miniere industriali per depurare l’ oro – evidenzia il biologo Friedrick Armah dell’ Università di Cape Cost – il mercurio si usa solo in quelle piccole, per lo più illegali. Queste però non sono le uniche sostanze altamente tossiche coinvolte nell’ attività mineraria. Con l’ oro vengono estratti involontariamente anche metalli molto nocivi per la salute come il cadmio. Mentre l’ oro viene trattenuto, queste sostanze vengono ributtate nel terreno e nei corsi d’ acqua, contaminandoli. Abbiamo trovato nelle unghie e nei capelli degli abitanti delle zone minerarie, altissime concentrazioni di metalli pesanti”, afferma il professore. La maggior parte delle miniere illegali si trovano in superficie perché aprirle costa poco. Occorrono solo braccia e piccoli motori per macinare il terreno estratto. L’ attività nelle miniere illegali si svolge senza sosta. E’ necessario sfruttarle il più possibile perché è assai elevato il rischio che possano essere chiuse da un momento all’ altro. Il gestore di 4 miniere (si appropria di questo diritto perché è il proprietario di questo terreno) sostiene che frequentemente paga la polizia perché possa chiudere un occhio. Ma è preferibile lavorare soprattutto la notte e non solo per evitare di essere scoperti dalla polizia. Al buio è più facile sfuggire ai pitbull e ai fucili delle guardie private, reclutate dalle multinazionali minerarie straniere. Un minuzioso sistema di security che ha lo scopo di difendere le terre date loro in concessione dallo Stato. Parliamo di centinaia di chilometri quadrati che non attenuano la bramosia di compagnie sudafricane e americane che in cambio versano il 3% di royalties. Percentuali irrisorie che rendono ancora più intollerabili i danni all’ ambiente e alla popolazione locale che dallo sfruttamento straniero delle risorse del proprio Paese non ottiene in cambio alcun beneficio. Al contrario. Al danno si aggiunge la beffa: “Le multinazionali per i primi dieci anni non pagano tasse allo Stato che le ospita – sostiene Eric Adjei, giornalista ambientale, collaboratore dell’ Università di Accra e Cambridge – inoltre non devono versare nulla per l’ importazione di attrezzature e macchinari per l’ estrazione. Il problema è che il 70% delle importazioni ghanesi è costituito proprio da questo tipo di strumenti. Pensate quanti soldi perde la collettività”. Una legislazione inadeguata e controlli saltuari da parte degli ispettori statali facilitano il rifiuto irremovibile delle multinazionali ad aumentare le royalties da riconoscere allo Stato africano, secondo produttore d’ oro del Continente, dopo il Sudafrica. Finchè non scadranno i contratti firmati decine di anni fa, nessuno e nessuna legge potrebbe costringerle a versare di più. “Lo Stato del Ghana farebbe bene a dare impulso all’ attività mineraria di piccola scala, per ridistribuire equamente le risorse del Paese – sottolinea Nuamah Donkor, ex ministro della Salute e ministro della regione Astanti, dove si trova Obuasi, la città mineraria più grande del Paese -. I contadini espropriati delle loro piantagioni dovrebbero essere risarciti con almeno un acro di terra – chiosa Donkor, direttore di una Ong che lavora per l’ Onu – non con qualche spicciolo che non sanno gestire. E’ una politica per nulla lungimirante”. Notti d’ ansia, di duro lavoro, accompagnate dal fatalismo di chi non ha più nulla da perdere. La paga è di dieci cidi ghanesi a turno, 9 ore minimo, l’ equivalente di 5 euro. 300 cidi al mese, lo stipendio di un maestro elementare. A noi sembra poco, e poco è anche per loro. I minatori, anche i più giovani, spesso non sono mai andati a scuola o l’ hanno dovuta abbandonare. Toccante la storia di Mohammed, 27 anni, che parla un ottimo inglese e fino a due anni fa viveva in un villaggio nella periferia di Obuasi. “Mi piaceva andare a scuola – afferma con rabbia fredda – i miei genitori avevano una grande piantagione di cacao e potevano permettersi di farmi studiare. Un giorno sono arrivate le ruspe della Anglo Gold Astanti, una multinazionale sudafricana, e hanno raso al suolo i nostri alberi. Il governo gli aveva dato la concessione di decine di chilometri quadrati di terre, tra cui le nostre. Il risarcimento è stato ridicolo e io mi sono trovato a dover cercare un lavoro dal giorno alla notte. Ho provato a chiedere alla compagnia di assumermi ma non c’ era più posto. Con alcuni ragazzi nella mia stessa condizione abbiamo iniziato a scavare con vanga e piccone su quelle che un tempo erano le terre di tutti. Un addetto alla security della Anglo Gold, un giorno mi ha sparato con un kalashnikov”. Mohammed si è salvato per miracolo ma da cinque anni la sua vita è un vero calvario. I medici sono stati costretti a deviargli l’ uretra e per urinare Mohammed impiega mezz’ ora, attraverso un foro praticatogli su un testicolo. La sua precaria salute peggiora quotidianamente in quanto soggetto ad infezioni sempre più violente e il dolore è diventato suo compagno di vita. Ha difficoltà a camminare e cerca di aiutare il fratello a vendere abiti usati. Con i soldi di un eventuale risarcimento potrebbe recarsi all’ estero e farsi operare nuovamente. Ma il dottor Samuel Somuah afferma che il buon esito dell’ operazione non è affatto scontato. Come non è scontato l’ esito della causa intentata per lui da un’ associazione in difesa dei diritti umani, contro la Anglo Gold Astanti. Secondo la giustizia Mohammed parte da una posizione di svantaggio in quanto stava violando i diritti della multinazionale. Il sistema senza scrupoli dell’ estrazione legale e illegale non conosce soste. Non fa differenza fra il giorno e la notte quando i buchi scavati in spregio a ogni regola possono diventare trappole mortali. “Nessuno è in grado di determinare con precisione – dice Daniel Koranteng, direttore dell’ associazione indipendente Wacam, che monitora l’ impatto umano e ambientale dell’ attività estrattiva – quanti siano finora i morti. Si tratta comunque di decine e decine di persone, non solo minatori. Vanno calcolati infatti anche coloro che muoiono per malattie derivate dall’ inalazione o dall’ ingestione indiretta, attraverso le falde acquifere inquinate, di sostanze estremamente tossiche”. Morte e sofferenza sono destinate a crescere, se il governo continuerà a tollerare anarchia ambientale e sfruttamento iniquo nella regione occidentale, un tempo regno degli Ashanti (gli indigeni che sconfissero i coloni inglesi) oggi terra di conquista delle compagnie straniere che danno lavoro legale a non più di 30mila persone su una popolazione di circa 24 milioni. Attualmente nella miniera di Obuasi, una delle più grandi miniere d’ oro sotterranee del mondo, trovano occupazione 4mila addetti. Fino a due anni fa, quando era ancora attiva quella in superficie – ora abbandonata in quanto esaurita – lavoravano 12mila persone. Va sottolineato che negli ultimi due anni il numero dei minatori illegali è in crescita. Per una doppia motivazione. L’ avvento dei cinesi che hanno portato tecnologia più sofisticata per aumentare l’ estrazione anche nelle “small scale mines”. Il motivo più importante però è il rialzo del prezzo dell’ oro, tornato a essere il bene rifugio più sicuro dopo la crisi economica deflagrata nel 2008. Un aumento sempre più forte che ha riacceso la corsa al metallo prezioso. A questa folle corsa tutti vogliono partecipare, soprattutto in Ghana, secondo produttore d’ oro del continente, dopo il Sudafrica. Un mercato a cui l’ Italia guarda con grande interesse essendo la prima trasformatrice d’ oro del mondo. Una folle corsa che rischia di far diventare sempre più rosso il colore dell’ oro. Oro rosso sangue. (Foto e immagini da Google.it)




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    Antonio Nicola Pezzuto - newcitizenpress.com - 01/01/2011


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