La libertà di manifestazione del pensiero, di cui all’art. 21 della Costituzione, presenta vari possibili aspetti. Esaminiamone uno: la libertà di essere informati. O meglio, è più giusto parlare di “diritto” di essere informati. Meglio ancora, “ di essere correttamente informati”. Esiste questo diritto? Ed è costituzionalmente tutelato? In altre parole, ed in senso più tecnico-giuridico, esiste un diritto soggettivo individuale ad essere correttamente informati che possa quindi, come accade per tutti i diritti soggettivi, essere azionato e tutelato davanti all’autorità giudiziaria? E’ corretto porre la domanda in questi termini, poiché se è prevalente l’opinione secondo cui dalla Costituzione può evincersi, da tutta una serie di disposizioni, l’esistenza di un interesse della pubblica opinione in quanto tale a ricevere informazioni, non è invece per niente pacifico che dalla Carta stessa possa desumersi l’esistenza di un diritto individuale all’informazione. Infatti, la dottrina generalmente considera questo aspetto o come risvolto passivo della libertà di espressione, oppure come “diritto sociale” che è sì rilevante ma non è un diritto soggettivo vero e proprio.
La stessa Corte costituzionale, inoltre, nella fondamentale sentenza n. 105 del 15 giugno 1972, si allinea a tale orientamento; in questa pronuncia, infatti, i giudici distinguono nettamente, in modo esplicito, il lato attivo dal lato passivo della libertà di informazione: il primo è inteso come vera e propria libertà di dire e divulgare notizie, opinioni e commenti; per il secondo non si va oltre l’affermazione di un interesse generale, anch’esso indirettamente protetto dall’art. 21, all’informazione. Una successiva sentenza, la n. 826 del 14 luglio 1988, ha utilizzato l’espressione “diritto del cittadino all’informazione” ma pur sempre nel significato di interesse. E allora occorre indagare se sia possibile ritenere garantiti dall’art. 21, a livello di diritto soggettivo, alcuni significati più delimitati e circostanziati all’interno della generica categoria dell’interesse all’informazione.
E’ fondamentale, ad esempio, l’interesse a ricevere le notizie che si trovano già in circolazione nel nostro Paese o all’estero e che non siano coperte da segreto o da riservatezza. Questa situazione può essere riferita alle trasmissioni dall’estero delle informazioni: in merito si può citare la sentenza n.225 del 1974 con la quale è stata dichiarata l’illegittimità delle norme che ponevano restrizioni alla possibile ricezione di programmi radiotelevisivi dall’estero. Sul punto può essere consultata anche la sentenza n.231 del 1985. La Corte sembra quindi essersi maggiormente preoccupata di salvaguardare la legittimità dell’azione di chi informa piuttosto che di chi è informato.
Ma c’è chi sostiene, viceversa, che se ci si limitasse ad affermare che tale salvaguardia finisce per tutelare anche il soggetto passivo dell'informazione, la situazione di quest'ultimo si risolverebbe in una situazione di fatto e da ciò deduce che occorra riconoscere l’esistenza di un vero e proprio diritto del destinatario delle notizie alla ricezione delle stesse, autonomamente azionabile dinanzi all’autorità giudiziaria. Questo riconoscimento è considerato indispensabile per recepire i più aperti principi contenuti negli accordi internazionali in materia ed aderente a criteri di interpretazione “evolutiva” delle norme costituzionali, indispensabili per soddisfare le esigenze di una società ormai globalizzata. Foto da Google.it