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Febbraio 2024 - Anno XVII - Numero 1 - Venerdì 19 Aprile 2024
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La verità storica del rapporto fra il Nord e il Sud dell’Italia

Come risultò dalla Esposizione Internazionale di Parigi del 1856, le Due Sicilie erano lo Stato più industrializzato d'Italia ed il terzo in Europa, dopo Inghilterra e Francia

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Come sostiene Luigi Capozza in un suo noto articolo che è totalmente condivisibile: “prima dell’Unità Le Due Sicilie disponevano di una flotta mercantile pari ai 4/5 del naviglio italiano ed era la quarta del mondo fu la prima flotta italiana a collegare l'Italia con l'America ed il Pacifico. Il primo vascello a vapore del Mediterraneo fu costruito nelle Due Sicilie nel 1818 e fu anche il primo al mondo a navigare per mare e non su acque interne l'Inghilterra dovette aspettare altri quattro anni per metterne in mare uno, il Monkey, nel 1822. Il cantiere di Castellammare di Stabia, con 1.800 operai, era il più grande del Mediterraneo. il settore cotoniero vantava quattro stabilimenti con 1.000 o più operai (1425 alla Von Willer di Salerno, 1160 in un’altra filanda della provincia, 1129 nella filanda di Pellazzano, 2159 in quella di Piedimonte e un migliaio nella Aninis-Ruggeri di Messina); nello stesso periodo gli stabilimenti lombardi a stento raggiungevano i 414 operai della filatura Ponti, si ebbe dal 1835 un rinnovato sviluppo dell’industria della seta e nuove filande sorsero in Calabria, in Lucania, in Abruzzo. Il Sud vantava, a ridosso dell’Unità, il primato produttivo “italiano” nelle seguenti industrie: a) cartiere; b) estrattiva e chimica provenivano dal Sud i 2/3 delle produzioni chimiche italiane; c) conciaria; d) del corallo; e) saline; f) del vetro. I dati indicano che nel 1860 il Sud, che conta il 36.7 % della popolazione d’Italia, produce il 50.4% di grano; l’80.2% di orzo e avena; il 53% di patate; il 41.5% di legumi; il 60% di olio e per quanto riguarda l’allevamento, considerando il numero dei capi, il Sud era in testa in quello ovino, caprino, equino e dei maiali. Come risultò dalla Esposizione Internazionale di Parigi del 1856, le Due Sicilie erano lo Stato più industrializzato d'Italia ed il terzo in Europa, dopo Inghilterra e Francia (stessa documentazione fornisce Paolo Granzotto su numerosi interventi sul Giornale). Dal censimento del 1861 si deduce che, al momento dell'Unità, le Due Sicilie impiegavano nell'industria una forza-lavoro pari al 51% di quella complessiva italiana (nonostante avesse 9 milioni di abitanti su 22). Dunque, il Sud, come risulta da statistiche e dati inoppugnabili, era, fino al 1861, lo Stato più grande, più ricco e meglio governato dell’intera Penisola, sì da gareggiare con le maggiori potenze economiche del tempo: Inghilterra e Francia, sarebbe opportuno leggere tutta l’opera di Ressa e Grosso, che hanno consultato migliaia di documenti. Bisognerebbe anche leggere o rileggere, almeno, sia Corrado che Francesco Barbagallo, Einaudi, F. S. Nitti, Salvemini e Zitara; leggere Simonelli, A. Pellicciari e Veneziani, Aprile e G. Bruno Guerri.” E’ dunque del tutto ormai acclarato che fu un motivo economico, che spinse, nel 1860, il regno di Sardegna ad occupare il sud dell’ Italia, dopo la tragica sconfitta a Novara delle truppe di Carlo Alberto contro gli Austriaci che costrinse Carlo Alberto ad abdicare a favore di Vittorio Emanuele II. Gustavo Benso, fratello di Camillo conte di Cavour, dopo aver analizzato il bilancio dello stato, scriveva: “Il Piemonte è perduto, le sue finanze non si ristoreranno più” . Il debito complessivo del regno di Sardegna superava, nel 1859, il miliardo di lire dell’ epoca. L’ annessione del regno delle due Sicilie portò, nelle casse dello stato piemontese solo di moneta circolante convertibile, il corrispettivo di circa 1.500 miliardi di euro. La guerra di sottomissione delle popolazioni meridionali, durò dodici anni e in questi anni, l’ esercito piemontese si distinse per la crudeltà delle violenze inflitte alle donne che venivano violentate anche in chiesa e poi uccise mentre i bambini venivano sventrati con le baionette sotto gli occhi dei loro genitori. Interi paesi rasi al suolo e incendiati. Il bilancio complessivo di questa guerra fu la morte di circa un milione di persone e la fuga all’estero di 4 milioni di meridionali. Una guerra che ha distrutto il meridione d’ Italia, le sue speranze e le sue prospettive di sviluppo. Ecco alcune citazioni che lo confermano pienamente Giordano Bruno Guerri dichiara: «L’annessione del Sud fu una guerra di annessione e di conquista, spietata e brutale, il paternalismo borbonico permetteva pure ai più poveri di vivere decentemente La vita culturale  era di tutto rispetto. Le industrie erano all’altezza  e a volte superiori  a quelle del Nord. Soprattutto, le casse dello Stato e la circolazione monetaria erano più ricche che nel resto d’Italia messo assieme. Denaro, terre e industrie facevano gola ai Savoia  il cui motto era: “L’Italia è un carciofo da mangiare foglia a foglia”. Infatti l’ex Regno delle Due Sicilie venne depredato di tutto: l’oro delle sue banche venne per lo più reinvestito al Nord, le industrie smantellate e trasferite più vicino alle Alpi; le terre  non furono date ai contadini, ma cedute a basso prezzo alla borghesia settentrionale o agli antichi feudatari divenuti improvvisamente filounitari. Afferma F. S. Nitti, nel suo Bilancio dello Stato dal 1862 al 1897: «In quarant’anni il Sud ha dato ciò che poteva e ciò che non poteva, ha ricevuto assai poco, soprattutto ha ricevuto assai male”. Insomma, il 65% di tutta la moneta circolante in Italia era del Sud e in pochi anni, tra tributi per risanare il deficit del Tesoro dovuto alle guerre (il Meridione con 27% di produzione della ricchezza dovette pagare il 32% dei tributi), in conseguenza delle nuove imposte e della vendita dei beni demaniali ed ecclesiali ai latifondisti, il regime doganale del 1887, il Sud fu privato dei suoi capitali a esclusivo vantaggio del Nord». Luigi Einaudi che ne Il Buongoverno riconosce apertamente che «Sì, è vero, noi settentrionali abbiamo … profittato di più delle spese dello Stato italiano; è vero, peccammo di egoismo quando il settentrione riuscì a cingere di una forte barriera doganale il territorio ed assicurare così alle proprie industrie il monopolio del mercato meridionale; è vero che abbiamo spostata molta ricchezza dal Sud al Nord con la vendita dell’asse ecclesiastico e del demanio e coi prestiti pubblici .È vero che abbiamo ottenuto più costruzioni di ferrovie, di porti, di scuole e di altri lavori pubblici, ma sono stati duri sacrifici imposti da circostanze politiche ed economiche  ». Einaudi dichiara apertamente che la vera Unità è stata fatta per il Nord e che a questa cosiddetta “necessità” si è dovuto sacrificare il Sud. Insomma, il Sud è stato spogliato, impoverito, ridotto a territorio coloniale per … lo sviluppo del Nord, ciò significa una sola cosa che il Nord era povero e il Sud talmente ricco da avere risorse tali da poter “costruire” il Nord: sarebbe dunque stato il Sud con le sue ricchezze la presunta vera Italia lavoratrice produttiva. Salvemini è molto chiaro su questo punto, scrive infatti in Problemi educativi e sociali d’Italia: «I governi italiani per avere i voti del Sud concessero i pieni poteri alla piccola borghesia, delinquente e putrefatta, spiantata, imbestialita, cacciatrice d’impieghi e di favori personali, ostile a qualunque iniziativa potesse condurre a una vita meno ignobile e più umana Qualunque gruppo di uomini onesti avesse voluto mettere un po’ di freno alla iniquità di una sola fra le clientele che facevano capo a un deputato meridionale, era sicuro di trovarsi contro tutta la marmaglia piccolo borghese compatta». La Sinistra storica e Giolitti non risolsero affatto la cosiddetta “Questione meridionale”; la due guerre annientarono l’economia meridionale, privandola dei suoi capitali e delle sue braccia per sostenere lo sforzo bellico e poter cosi foraggiare l’industria di guerra soprattutto fu questo che diede il via alla trasformazione della mafia in delinquenza organizzata di tipo moderno attraverso il mercato nero e poi i fondi per la ricostruzione. Il Fascismo e la crisi di Wall Street provocarono una crisi senza precedenti e la mafia si ingrassò col mercato nero, l’usura e successivamente con il Piano Marshall bloccato a sud di Roma, con la caotica ricostruzione e i relativi subappalti, col mercato illegale delle armi invendute, l’incipiente mercato di droga e delle fonti energetiche in cambio di prestiti neocoloniali, con i popoli sottosviluppati, in collusione con la politica che conta. Il sacco del Mezzogiorno in favore del Nord avvenne attraverso due elementi partoriti da una politica nazionale quanto meno inadeguata rispetto ai problemi meridionali, con la famigerata Riforma agraria degli anni cinquanta, che, invece di aiutare la trasformazione del latifondo in aziende produttive e imprenditoria, suddivise il latifondo in piccoli lotti, con casette finte e isolate, privi di qualsiasi strumento meccanico, e la Cassa per il Mezzogiorno che attraverso subappalti, leggi e leggine ad hoc non fece altro che favorire la mafia alimentando lo scempio edilizio, le truffe imprenditoriali, l’illegalità diffusa, il clientelismo, il burocraticismo vessatorio da un lato e improvvise fortune politiche dall’altro. Per difendere questo stato di cose il potere politico necessitante di consenso a senso unico fornito dalle per lo più dalle mafie locali indusse nell’opinione pubblica manipolata dalla pubblicistica di allora e complice ancora oggi certa Tv di Stato, lo stereotipo diffuso che Mezzogiorno fosse sinonimo di arretrato, di barbaro, di mafioso, di incapace e analfabeta e sicuramente di delinquenziale, una terra di nessuno da cui difendersi trincerandosi al Nord, non una parte della nazione da conquistare e liberare dalle sue patologie indotte dal Nord. E’ stata distrutta la storia e la sua verità e nessuno trova ancora oggi il coraggio di affrontare la “questione meridionale” partendo da queste verità sacrosante per restituire a questa parte della Nazione quello che gli è dovuto e facendola finita una volta per tutte con i luoghi comuni tanto cari ai leghisti del Nord. (image by Google).




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    Maurizio Mori - newcitizenpress.com - 15/05/2011


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