Nel panorama vinicolo nazionale ed internazionale sangiovese è sinonimo di Toscana. Si ricavano da questo vitigno vini che sono ben conosciuti ed affermati, vale a dire Chianti, Brunello di Montalcino, Vino nobile di Montepulciano, Morellino di Scansano ed altri che stanno crescendo e si stanno affermando. Il vitigno si dice autoctono, perché è una varietà che nei secoli di coltivazione della vite si è ben adattato alle condizioni della terra e del clima e gli agricoltori hanno saputo esaltarne le qualità delle uve.
In tempi recenti sono stati introdotti nella terra del sangiovese altre varietà cosiddette internazionali che hanno trovato condizioni ottimali per dare origine a vini che sono apprezzati dagli intenditori di tutto il mondo. Vengono coltivati principalmente nell’area di Bolgheri, a sud della provincia di Livorno ed i grandi vini che ne derivano sono chiamati semplicemente Super Tuscany, proprio per indicare il grande livello raggiunto.
L’Isola del Giglio è una delle isole dell’arcipelago toscano che emerge dalle acque marine proprio di fronte al monte Argentario. È meta di notevoli flussi turistici per la bellezza delle coste e dei fondali marini, ma è anche luogo di coltivazioni di un vitigno dalle origini meridionali che qui viene chiamato Ansonica. L’origine è la medesima dell’inzolia, molto diffuso soprattutto in Sicilia. Si tratta di una pianta che dà origine a grappoli a bacca bianca e che si adatta perfettamente alle condizioni microclimatiche dell’isola. Per una perfetta maturazione richiede la pressoché totale assenza di piogge nel periodo vegetativo, condizione che si presenta quasi puntualmente nelle terre gigliesi. Le vigne sono ben evidenti nel panorama delle aspre colline e si riesce ad immaginare la notevole difficoltà della coltivazione, specie se paragonata ai vigneti dove la meccanizzazione è di notevole supporto al lavoro in vigna. L’ansonica è un vitigno che si coltiva anche sulla terraferma, proprio su quel monte Argentario che sta dirimpetto all’Isola del Giglio e che ne ricalca il microclima e la natura del terreno.
Le uve opportunamente vinificate danno origine ad un bianco dal sapore asciutto, vivace e con un profumo persistente, dal colore leggermente ambrato. Al palato è corposo e robusto e si adatta molto bene ad abbinamenti con piatti di mare, perfino con le ostriche per la sua salinità.
L’ansonica veniva coltivato all’Isola del Giglio fin da tempi remoti. Le famiglie patrizie che in epoca romana si trasferirono sull’isola dettero impulso alla produzione vinicola. Ne sono testimonianza le anfore vinarie ritrovate sui fondali antistanti che starebbero ad indicare un commercio del vino. Inoltre nei pressi dei vigneti sono ben visibili i palmenti, ossia vasche scavate direttamente nella roccia, che risalirebbero ad epoche ancora più antiche. I palmenti venivano utilizzati per le prime operazioni di vinificazione fino ai primi anni del secolo scorso. Solo il mosto veniva poi portato in paese per la definitiva trasformazione in vino e per la conservazione.
La denominazione di origine, con la quale vengono prodotte ottime etichette, è “Ansonica costa dell’Argentario”. Il disciplinare, ossia l’insieme di regole che garantiscono la denominazione di origine di un vino, è stato istituito circa quindici anni orsono. Appassionati viticultori hanno mantenuto viva la coltivazione dell’ansonica, offrendo al mercato degli appassionati un prodotto dalle caratteristiche peculiari. Una lunga tradizione che ha trovato nuova linfa e che consente di vedere i grappoli dorati appesi ai tralci che si stagliano sul panorama marini della costa toscana.
(foto e immagini da Google.it)