Un ulteriore ricchezza dell’isola dipendeva dalle diverse cave di argilla e dalla progressiva abilità degli artigiani vasai, i quali crearono una vera e propria industria della ceramica le cui vestigia permangono ancora oggi con vere e proprie opere d’arte contenute nel museo, mentre l’abilità tramandata di padre in figlio si sta, come per i mastri vetrai di Burano, progressivamente perdendo, essendo al momento più rimunerativo importarli dall’oriente. In breve l’isola divenne sempre più un fiorire di commerci e di transito tale da far dire a Diodoro Siculo “...ci sono porti degni di essere menzionati e grandi mura e molte case assai ben costruite, abitate da stranieri di ogni tipo...” A partire dal 146 A.C e fino al 426 D.C. l’isola passa nelle mani di Roma, dopo la distruzione di Cartagine, che la vide teatro di conflitto durante la seconda guerra Punica: almeno fino al 70 D.C. essa conserva intatta la sua autonomia di governo, cultura e religione in quanto diventa confederata, cioè alleata di Roma né conquistata né sottomessa, mantenendo sì truppe ausiliarie (i famosi ed implacabili frombolieri delle Baleari), ma essendo esentata al servizio nelle legioni almeno fino all’avvento dell’imperatore Vespasiano che estese il diritto di “ Lacium” a tutto l’impero, trasformando ogni privilegio in condizione di “ Municipium” con l’imposizione di tasse e tributi. Quando si parla d’influenze multietniche non si scherza: Vandali, Bizantini e soprattutto Arabi con il Califfato di Cordoba, lasciarono tracce profonde nella cultura ibicenca; ne fanno fede, ancora oggi, alcune parole nel dialetto locale, così come i tratti somatici degli abitanti, costumi e musica. Tutt’oggi nel mondo islamico Ibiza è conosciuta con il nome Yebisah: nel periodo del dominio dei califfati, sale e legno riportarono la prosperità perduta dalle invasioni barbariche. Nel 1235 l’isola diventa terra di Spagna, conquistata dall’arcivescovo di Tarragona Guillermo de Montgrì cui Giacomo I d’Aragona aveva concesso i privilegi territoriali: da questa data il “Catalàn” diventa lingua ufficiale di Ibiza. Con la scoperta dell’America e delle rotte oceaniche, il mediterraneo divenne improvvisamente troppo piccolo e gli interessi commerciali, spostatisi verso altri continenti, fecero perdere d’interesse le isole Baleari che divennero così preda dei pirati Barberi che dal nordafrica imperversarono dal XVII al XIX secolo, riducendo la popolazione dell’isola, tra morti e tratti in schiavitù, a poco più di cinquecento famiglie. L’orgoglio, l’ostinazione e lo spirito d’indipendenza della popolazione armarono una resistenza corsara che prese la forma di guerriglia del mare: in fine, assaettati guerrieri con veloci sciabecchi ebbero ragione dei brigantini berberi. Il più famoso di questi corsari fu Antonio Riquer Arabì il cui coraggio rasentava l’incoscienza quando al comando del suo “ San Antonio y Santa Isabel” di 72 tonnellate ed 8 cannoni, affrontava navigli tre volte più stazzanti e meglio armati del suo: a lui ed ai corsari ibicenchi è dedicato un obelisco all’entrata del porto della città. Tutto questo passato di guerre ha lasciato segni nell’architettura dell’isola: a parte la splendida, massiccia fortezza di Dalt Vila, dichiarata patrimonio dell’umanità, che sovrasta il porto ed il capoluogo con le sue quattordici torri di guardia, la cui costruzione venne affidata da Carlo I all’architetto italiano Giovanni Battista Calvi e terminata, dopo trentuno anni di lavori nel1585 sotto il regno di Filippo II, tutte le case sono addossate le une alle altre a formare stretti vicoli; il punto più alto culminava con la chiesa, normalmente fortificata e costruita con mura spesse le cui finestre erano strette feritoie, ideali per far spuntare schioppi e colubrine; le case più isolate erano torrioni circolari facilmente difendibili. Questi torrioni circolari sono ancora presenti in punti geograficamente strategici dell’isola, in promontori sul mare: in tal caso servivano come torri d’avvistamento e di segnalazione: strutturati in modo da creare una catena di fuochi segnalatori, in pochi minuti avvertivano dell’arrivo di una minaccia dal mare. A tutt’oggi l’architettura moderna non disdegna l’inclusione di un torrione nella struttura delle ville moderne. (continua) Foto ed immagini personali.