Comunque la si pensi e comunque lo si consideri, di una cosa va dato atto a Michele Santoro: la capacità di sperimentare nuovi generi e nuove forme di tv. D’altra parte, anche i suoi avversari più accaniti gli riconoscono l’indubbia professionalità, il “saper fare televisione”, una dote che di certo non possiedono tutti coloro che in televisione ci stanno anche molte ore più di lui.
Ma forse parlare solo di televisione è riduttivo visto che il nuovo programma del giornalista salernitano, “Servizio Pubblico”, va in onda attraverso una multi-piattaforma ibrida che comprende tv, radio e web: un canale di Sky, decine di emittenti regionali, i siti di alcuni fra i più importanti quotidiani e Facebook, il più diffuso social network del momento. Il debutto di “Servizio Pubblico” ha fatto registrare un vero boom di ascolti. Secondo i dati giunti alla sua redazione, e da questa resi noti, la trasmissione ha totalizzato il 12/14 per cento di share con circa 3 milioni di contatti on line.
Al di là dei contenuti del programma, che possono piacere o meno, ci sono due aspetti da considerare.
Anzitutto, che, con la cacciata di Santoro dalla Rai, una larga fetta di pubblico è stata privata di un prodotto che, nel corso degli anni, ha mostrato di apprezzare molto; si tratta di uno “zoccolo duro” di telespettatori (probabilmente in aumento), che pagano il canone, nei cui confronti la tv di Stato ha compiuto un vero e proprio “scippo”, oltretutto del tutto folle dal punto di vista imprenditoriale, visto che attuandolo si è deciso di rinunciare agli elevatissimi introiti pubblicitari garantiti dal prodotto stesso.
L’altro aspetto riguarda la novità tecnologica di “Servizio Pubblico”: molti, Santoro per primo, hanno parlato di “rivoluzione”. In merito è opportuna una riflessione: se la tecnologia, oggi e non nel futuro, consente di trasmettere un programma su una multipiattaforma con i telespettatori che possono interagire con esso in tempo reale, stimolando il dibattito, manifestando il proprio consenso o dissenso nei confronti degli ospiti, proponendo argomenti di discussione e così via, allora già oggi è possibile un tipo diverso di televisione, ma è più corretto dire comunicazione, con il telespettatore (meglio, utente o fruitore,perché si tratta di un soggetto che usa, anche contemporaneamente, tv, radio e web) che non è più, evidentemente, un mero soggetto passivo. Ciò vuol dire che la tv c.d. “generalista” è tecnologicamente morta, o quantomeno superata; in questo senso, la rivoluzione c’è già stata. Il problema è che deve ancora capirlo la maggioranza delle persone; queste ultime per informarsi utilizzano ancora i canali tradizionali, primo fra tutti la suddetta tv vecchia maniera, da subire passivamente. Sì, un’altra rivoluzione deve ancora scoppiare: dentro le loro teste!
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