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Febbraio 2024 - Anno XVII - Numero 1 - Giovedì 18 Aprile 2024
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IN MEMORIA DI ANNA POLITKOVSKAJA

Cinque anni fa veniva uccisa la giornalista russa molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani

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Esattamente cinque anni fa, il 7 ottobre 2006, veniva uccisa Anna Politkovskaja, giornalista russa molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani, per i suoi reportage dalla Cecenia e per la sua opposizione al Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin. Proprio nel giorno del compleanno dell’ attuale Primo Ministro russo, un sabato pomeriggio, la Politkovskaja veniva freddata con quattro colpi di pistola nell’ ascensore del condominio dove abitava, nel centro di Mosca. Rientrava a casa dopo aver fatto un po’ di spesa. L’ omicidio della giornalista russa, molto famosa a livello internazionale per la sua attività di denuncia dei crimini del governo russo, fece scalpore in tutto il mondo. Anna Mazepa era figlia di due diplomatici sovietici di nazionalità ucraina che lavoravano alle Nazioni Unite. Era nata a New York nel 1958, ma era cresciuta a Mosca, dove aveva conseguito la laurea in giornalismo nel 1980. Durante l’ università aveva sposato il compagno di studi Alexander Politkovskij, cambiando il cognome in Politkovskaja. La sua carriera inizia nel 1982 al grande quotidiano moscovita Izvestija, che ai tempi dell’ Unione Sovietica era uno degli organi ufficiali di stampa insieme alla Pravda. Successivamente la giornalista passò alla piccola stampa indipendente, lavorando dal 1994 al 1999, per l’ Obshchaja Gazeta e poi, dal giugno 1999 fino alla fine dei suoi giorni per il bisettimanale d’ inchiesta Novaja Gazeta. Fin dalla sua nascita, nel 1993, la Novaja Gazeta non aveva risparmiato critiche alla classe politica della Russia post – sovietica, pubblicando inchieste su casi di corruzione riguardanti esponenti di primissimo piano del governo e dell’ economia russi. La Politkovskaja focalizzò la sua attenzione sul conflitto armato in Cecenia e nella vicina Inguscezia (entrambe repubbliche autonome all’ interno della Federazione Russa). In Cecenia, la giornalista si reca spesso, sostenendo le famiglie delle vittime civili, visitando ospedali e campi profughi, intervistando sia militari russi che civili ceceni. Nei suoi scritti accusa pesantemente l’ operato delle forze russe in Cecenia, sui molteplici e provati abusi commessi sulla popolazione civile e sui silenzi e le presunte connivenze degli ultimi due Primi Ministri ceceni, Ahmad Kadyrov e suo figlio Ramsan, entrambi spalleggiati da Mosca. Sulla Cecenia stava lavorando anche negli ultimi mesi di vita. Nel 2001, mentre si trovava nel paese, venne arrestata e rinchiusa in una buca nel terreno da militari russi, minacciata di stupro e terrorizzata con una finta esecuzione. Nello stesso anno è costretta a fuggire a Vienna, in seguito a ripetute minacce ricevute tramite e-mail da Sergei Lapin, un ufficiale dell’ OMON da lei accusato di crimini contro la popolazione civile in Cecenia. Lapin, dapprima arrestato per un breve periodo, viene rilasciato nel 2002. Il processo ripreso nel 2003 è terminato, dopo varie interruzioni, nel 2005 con una condanna per l’ ex-poliziotto per abusi e maltrattamenti aggravati su un civile ceceno e per falsificazione di documenti. Ma la Politkovskaja dopo poco tempo tornò nel suo paese. Di lei si ricorda l’ opera di mediazione tra i rapitori ceceni e le forze dell’ ordine, durante l’ assedio al teatro Dubrovka di Mosca, nel 2002, che terminò con l’ irruzione delle forze speciali e la morte di 129 persone. Nel settembre 2004, mentre è in viaggio verso Beslan durante la crisi degli ostaggi, viene improvvisamente colpita da malore e perde conoscenza. L’ aereo tornò indietro per consentire un suo immediato ricovero. Si sospetta un tentativo di avvelenamento, ma l’ episodio non sarà mai chiarito del tutto. Nel dicembre 2005, nel corso di una conferenza di Reporter Senza Frontiere a Vienna sulla libertà di stampa, denuncia: «Certe volte, le persone pagano con la vita il fatto di dire ad alta voce ciò che pensano. Infatti, una persona può perfino essere uccisa semplicemente per avermi dato una informazione. Non sono la sola ad essere in pericolo e ho esempi che lo possono provare». In un saggio che verrà pubblicato postumo nel 2007 scrive: «Sono una reietta. E’ questo il risultato principale del mio lavoro di giornalista in Cecenia e della pubblicazione all’ estero dei miei libri sulla vita in Russia e sul conflitto ceceno. A Mosca non mi invitano alle conferenze stampa né alle iniziative in cui è prevista la partecipazione di funzionari del Cremlino: gli organizzatori non vogliono essere sospettati di avere delle simpatie per me. Eppure tutti i più alti funzionari accettano d’ incontrarmi quando sto scrivendo un articolo o sto conducendo un’ indagine. Ma lo fanno di nascosto, in posti dove non possono essere visti, all’ aria aperta, in piazza o in luoghi segreti che raggiungiamo seguendo strade diverse, quasi fossimo delle spie. Sono felici di parlare con me. Mi danno informazioni, chiedono il mio parere e mi raccontano cosa succede ai vertici. Ma sempre in segreto. E’ una situazione a cui non ti abitui, ma impari a conviverci». Nello stesso saggio spiega di non considerarsi “un magistrato inquirente”, ma piuttosto “una persona che descrive quello che succede a chi non può vederlo”, visto che – continua – in Russia “i servizi trasmessi in tv e gli articoli pubblicati sulla maggior parte dei giornali sono quasi tutti di stampo ideologico”. Il mandante dell’ omicidio è ancora oggi sconosciuto: voci non confermate imputano il delitto proprio al presidente Putin, più volte attaccato duramente dalla giornalista. L’ 8 ottobre fu sequestrato dalla polizia russa il computer della Politkovskaja e tutto il materiale dell’ inchiesta che la giornalista stava conducendo. Il 9 ottobre, l’ editore della Novaj Gazeta, Dmitry Muratov spiegò che la Politkovskaja era in procinto di pubblicare, proprio il giorno in cui è stata assassinata, un lungo e dettagliato articolo sulle torture compiute dalle forze di sicurezza cecene legate al Primo Ministro Ramsan Kadyrov (chiamate con disprezzo kadiroviti). Muratov sottolineò che erano anche sparite due fotografie. Gli appunti non sequestrati furono pubblicati il 9 ottobre stesso sulla Novaja Gazeta. Ai funerali, che si svolsero il 10 ottobre presso il cimitero Troekurovskij di Mosca, parteciparono più di mille persone, fra cui i colleghi e semplici ammiratori della giornalista. La tomba di Anna è un giornale crivellato dai proiettili, segno del suo eroico sacrificio per la scoperta della verità in uno Stato in cui sembra molto difficile conoscerla. Questa è la storia di Anna Politkovskaja, questa è stata la sua vita, e soprattutto questo è quanto realizzato da questa straordinaria donna armata solo di una penna e di tanto coraggio. Icòna e simbolo, ormai, per quanti credono in un giornalismo che sfida chiunque pur di ottenere verità e giustizia. (Foto e immagini da Google.it)




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    Antonio Nicola Pezzuto - newcitizenpress.com - 07/10/2011


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