In Italia il futuro per i giovani diventa sempre più un punto interrogativo: povertà, esclusione sociale, mancanza di lavoro non consentono di guardare avanti con ottimismo. Pensare di costruire qualcosa in prospettiva è diventato un miraggio. Destano forti preoccupazioni le conclusioni del Rapporto 2011 sulla povertà in Italia realizzato dalla Caritas. Sono 8,3 milioni i cittadini che vivono in stato di indigenza (il 13,8% della popolazione): nella povertà si trovano soprattutto famiglie numerose, monogenitoriali e del Sud. Ma la crisi economica sta anche modificando il volto della povertà: il 20% delle persone che si rivolgono ai Centri di ascolto non ha ancora compiuto i 35 anni. Ciò significa che in soli 5 anni, dal 2005 al 2010, il numero dei giovani è cresciuto del 59,6%. La percentuale di coloro che non studiano e non lavorano è del 76,1%, mentre nel 2005 si attestava al 70%. Questi dati dimostrano che il nostro Paese non ha saputo trovare i giusti rimedi per arginare la piaga della povertà che, al contrario, è avanzata. Se nel 2009, infatti, i poveri erano 7,8 milioni (13,1%), l’ anno scorso hanno raggiunto quota 8,3 milioni (13,8%). Le famiglie povere sono complessivamente quasi tre milioni. In quattro anni, dal 2006 al 2010, le richieste di aiuto economico indirizzate ai Centri di Ascolto delle Caritas Diocesane sono aumentate dell’ 80,8%. Nella lista dei problemi segnalati al primo posto c’ è la povertà economica, poi i problemi occupazionali e abitativi, al quarto i problemi familiari. Nel quadriennio in questione la domanda di coinvolgimento di soggetti esterni (come gruppi di volontariato, enti pubblici o privati, persone o famiglie, parrocchie) è cresciuta dell’ 83,1%. Considerevole anche l’ aumento delle richieste di sussidi economici (+80,8%) e di consulenze professionali (+46,1%). In diminuzione, invece, le domande di sostegno socio – assistenziale (-38,6%) e di lavoro (-8,5%). Il quadro che scaturisce dal rapporto sembra far precipitare indietro di decenni il nostro Paese, quando era assai difficile soddisfare i bisogni primari. Basta pensare che nel 2004 il 75% dei problemi era rappresentato dai bisogni essenziali (casa, cibo, sanità, ecc.), nel 2010 tale valore ha raggiunto l’ 81,9% mentre calano le problematiche come il disagio psicologico e le dipendenze che calano dal 25 al 18,1%. La questione abitativa rappresenta un’ altra emergenza considerato che in quattro anni i problemi sono aumentati del 23,6%. Questi dati dimostrano che si profila un futuro a tinte fosche, soprattutto per le giovani generazioni, ma ciò che provoca grande rabbia è che a pagare sono sempre i più deboli, mentre i più forti che spesso sono proprio i responsabili di questa situazione se la cavano sempre. (Foto e immagini da Google.it)