I virus sono la forma di vita più diffusa sulla terra, ne esistono infatti oltre 100 milioni di tipi differenti. Sono molto diffusi nelle acque degli oceani dove un litro di acqua ne può contenere oltre un miliardo, ma si ritrovano in tutti gli ambienti. Sono estremamente semplici dal punto di vista della costruzione, trattandosi di una piccola quantità di materiale genetico avvolta e protetta da una serie di proteine. I virus, proprio per questa semplicità costruttiva, non possono riprodursi se non inserendosi all’interno di un organismo superiore, pianta o animale, e usare le strutture biologiche complesse che si trovano nelle cellule per riprodurre un numero molto elevato di virus uguali a quello di partenza. È il meccanismo col quale contraiamo e propaghiamo l’influenza. I virus sospesi nell’aria entrano nell’organismo umano attraverso le vie respiratorie e si moltiplicano usando le cellule dell’uomo come vere e proprie fabbriche di altre particelle virali. Le relazioni sociali tra gli umani forniscono un ottimo ambiente per la loro propagazione. L’influenza, ad esempio, trova in un autobus affollato l’ambiente ideale per potersi propagare, così come l’HIV, il virus responsabile dell’AIDS, trova nei costumi sessuali liberi un comportamento che ne favorisce la diffusione.
Non tutti i virus, fortunatamente, sono dannosi e nocivi. Alcune specie vengono utilizzate per terapie genetiche ed altre che non causano malattie nell’uomo possono essere impiegate per produrre vaccini che ci difendono. È il caso ad esempio del virus del vaiolo. La vaccinazione antivaiolosa prevedeva l’impiego di virus che non provocano la malattia, ma che sono in grado di proteggere efficacemente chi è stato vaccinato.
I virus sono stati utilizzati nel recente passato anche per attacchi terroristici. All’indomani dell’undici settembre 2001, subito dopo l’attentato alle Torri Gemelle, circolarono varie lettere infarcite di antrace negli uffici postali americani. Le lettere arrivarono fin dentro il Congresso causando ben cinque morti. Altri tentativi di attacco bioterroristico hanno avuto risultati fortunatamente scarsi o nulli. È stata soprattutto la indisponibilità di ceppi pericolosi ad evitare il peggio. Ma oggi i laboratori scientifici, spesso collegati alle istituzioni militari, sono in grado di proteggere efficacemente quei ceppi virali che tengono nei loro frigoriferi e che potrebbero potenzialmente causare epidemie su larga scala? E in caso di un attacco terroristico di questo tipo quali misure possono essere prese per fermare le malattie causate dai virus? Sono domande che noi comuni cittadini ci poniamo e alle quali i governi sono chiamati a dare risposte precise, perché se è vero che fino ad oggi il terrorismo ha percorso altre strade, non è da escludersi che quella del bio terrore possa diventare una maniera per tenere in scacco la nostra società. Organismi invisibili anziché esplosivi, con effetti ancora più devastanti sia diretti sia sotto il profilo psicologico. Occorre fare però grande attenzione a non scambiare per atti terroristici eventuali focolai che si potrebbero sviluppare per cause naturali, quali ad esempio la trasmissione di una malattia dovuta al rientro di un viaggiatore da un’area contaminata. Gli scienziati hanno un compito importantissimo nell’analisi di tutto questo e nel fornire agli uomini politici le indicazioni per la tutela dell’intera popolazione. La distruzione completa di quei ceppi molto pericoli che vengono conservati nei laboratori dell’occidente potrebbe forse essere la soluzione definitiva per liberarci dal rischio bio terroristico.
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