Il perdono giudiziale, istituto di origini francese, è stato introdotto nel nostro ordinamento giuridico con il nuovo codice penale del 1930. Trattasi di una esimente generale a favore degli imputati minorenni, disciplinata dall’art. 169 c.p., che implica una pronuncia irrevocabile di proscioglimento in luogo della condanna, la quale può anche conseguire all’affermazione della colpevolezza ed ha comunque carattere definitivamente e pienamente liberatorio sotto il profilo penale (Cass. pen. sez. II, 2.6.1977 n. 2633). In merito è però intervenuta una recentissima pronuncia della Cassazione - sentenza n. 2725 del 18 gennaio 2013 – la quale ha detto “No” al perdono giudiziale nei confronti del minorenne qualora penda su di lui un precedente procedimento: visto che alla base del giudizio c’è la personalità in formazione del minore assumono rilievo l’incensuratezza, la condotta di vita successiva al reato nonchè le condizioni familiari e sociali. E’ quanto ha sancito la Suprema Corte con la sentenza de qua disponendo un annullamento con rinvio al Tribunale dei minori per un nuovo esame. Insomma, la seconda sezione penale, nel caso di specie, ha sposato la tesi della Procura di Torino che aveva fatto ricorso contro la decisione del gup di non doversi procedere nei confronti di un ragazzo per concessione del perdono giudiziale. Sostanzialmente, dunque, per la Cassazione il beneficio del perdono giudiziale non deve essere dato solo in base alla giovane età e alla confessione, ma si deve tener conto anche del fatto che vi siano o meno pendenze di altri procedimenti. Sulla base di tali presupposti pertanto la Suprema Corte ha giustamente ribaltato la decisione del giudice minorile nel concedere il perdono giudiziale, passando ora la parola al Tribunale dei minorenni di Torino.