Concedere la cittadinanza italiana agli immigrati che decidono di prestare servizio militare nelle nostre forze armate. È questa la proposta che lancia il ministro della Difesa, Mario Mauro, intervistato dal quotidiano Libero sul delicato tema dell'immigrazione. "Perché non facciamo una piccola modifica alla Costituzione in modo da poter consentire a chi arriva in Italia di poter fare parte delle forze armate? Questo naturalmente purché abbiano un minimo di requisiti". Poi il ministro ha continuato: "Oggi si può fare il militare solo se si è cittadini italiani. Bisognerebbe fare come negli Stati Uniti dove, se si presta servizio nelle forze armate per un certo periodo, si è agevolati nel conseguimento della cittadinanza". Il ministro Mauro ha tenuto a precisare che la sua idea deve essere inquadrata nell'ottica del principio dello ius culturae, che è la traduzione di un principio che esisteva già nella tradizione latina: quello di un individuo che vuole essere parte di una comunità. È un principio operante in modo virtuoso anche in Paesi come la Germania che, lo ricordo, non è assolutamente sospettabile di lassismo nei confronti dell'immigrazione, ma attenta a farsi partecipe di quelle che sono le proprie tradizioni, la propria lingua, la propria cultura. Direi - conclude Mauro - che questo principio servirebbe anche per dare quella forza evocativa dei valori della Patria e della Nazione che di tanto in tanto sembrano difettare anche alla vita ordinamentale delle nostre scuole". Attualmente in Italia è in vigore lo ius sanguinis, cioè è italiano chi ha genitori italiani. Il dibattito degli ultimi mesi si basa proprio sulla sostituzione di questo principio con quello dello ius soli, che invece concede la cittadinanza a chi nasce nei confini nazionali, indipendentemente dalle origini dei suoi genitori. La proposta di Mauro tenta di frapporre tra i due principi quello dello ius culturae, definendo italiani gli stranieri che decideranno di difendere il nostro Stato e la nostra bandiera. In verità l'idea di Mauro non è cosa nuova, anzi, è stata proposta più volte anche in passato. Tuttavia si è sempre risolta con un nulla di fatto e questo perché una tale riforma aumenta la paura "mercenari" tra le file del nostro Esercito. In pratica si rischierebbe di avere soldati arruolati non per "amor di patria", bensì per raggiungere la cittadinanza con una sorta di escamotage. Il ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge è entusiasta della proposta, che giudica intelligente e sensata: "Ringrazio Mauro e mi congratulo perché le sue proposte tengono conto di quelle che sono le strategie future dell'Europa e dell'Italia. Aprire le Forze armate agli stranieri - ha dichiarato la Kyenge - è un modo per considerare cittadini gli immigrati allo stesso livello degli italiani". Molto meno contenti sembrano essere Forza Italia e Lega Nord. In realtà la proposta del ministro Mauro non sarebbe di difficile applicazione, anche perché esiste già una legge che permette un qualcosa di simile. La legge ordinaria n.91 del 5 febbraio 1992 consentiva agli immigrati con familiari italiani di diventare cittadini svolgendo il servizio militare di leva, quando ancora era obbligatoria. Se si decidesse di modificarla e di renderla attiva per il servizio volontario, l'idea di Mauro sarebbe tutt'altro che fantascienza.