Il momento di grave crisi economica che stiamo attraversando e il suo gravissimo risvolto umano che ne consegue, come i numerosi suicidi che sono all’ordine del giorno, era già stato spiegato, e scientificamente provato, dal sociologo e antropologo Emil Durkheim nel XIX secolo. Durkheim determinava in tre tipi principali il suicidio. Quello che interessa oggigiorno la società e la sua crisi economica si ripercuote sui singoli individui che stanno attraversando un periodo di così detto “anomia” (mancanza di norme e regole); il suicidio anomico, fortemente connesso alle crisi da esse attraversate, si manifesta quando l’uomo, vedendo svanire i propri desideri, obiettivi e aspettative personali, entra in crisi, si sente perso e non si riconosce in una società “disordinata” senza regole e norme morali, che sono utili al “controllo” e all’ordine in una dimensione sociale. Questo concetto veniva già riconosciuto e scientificamente provato dallo stesso sociologo, nel 1897, nella sua più nota opera “Il Suicidio”. Il suicidio anomico, tipico delle società moderne, sembra collegare il tasso dei suicidi con il ciclo economico: il numero dei suicidi aumenta nei periodi di sovrabbondanza come in quelli di depressione economica. Inoltre Durkheim spiegherà come, e lo vediamo anche ai giorni nostri, i più sensibili e soggetti al fenomeno del suicidio siano i piccoli imprenditori, i medio-borghesi e non la classe povera, in quanto quest’ultima, avendo investito di meno in aspettative e “sogni”, riesce comunque ad autoregolarsi e a sopravvivere alla crisi economica.