Un altro Mondiale è svanito per la Nazionale italiana. La causa di questo ennesimo, il secondo consecutivo, fallimento è stata individuata, a quanto pare, da una parte dei suoi compagni (i c.d. “senatori"), e dalla maggior parte dell’opinione pubblica, in Mario Balotelli.
Come succede sempre in Italia, ci si divide in colpevolisti ed innocentisti: da un lato c’è chi lo ritiene il capro espiatorio di tutto, dall’altro chi lo difende a spada tratta sostenendo che non è possibile addebitargli tutte le colpe di un fallimento che, a detta di molti, era annunciato. Certamente il calcio è un gioco di squadra e pertanto non è giusto attribuire ad un singolo la responsabilità di vittorie o sconfitte, di trionfi o débâcle: il fallimento sportivo dell’Italia sicuramente ha diverse cause quali le convocazioni probabilmente sbagliate di Prandelli, la altrettanto probabile deficitaria preparazione atletica, lo schieramento tattico troppo rinunciatario, la sede del ritiro brasiliano scelta in un luogo caratterizzato da un clima troppo fresco rispetto a quello nel quale la Nazionale ha poi giocato. E si potrebbe forse continuare.
Perché allora si parla solo di Balotelli? Perché è un campione del mondo: il campione del mondo dei fenomeni mediatici! Questo ragazzo in realtà fa il calciatore per hobby. E’ questa la realtà. Gode di fama planetaria non in quanto grande calciatore ma in quanto personaggio, non per ciò che ha fatto in campo (poco) ma perché è sempre sulle copertine dei giornali. Nella sua vita il calcio è un dettaglio.
Anche sugli insulti razzisti che riceve bisogna intendersi: sono inevitabili e da condannare, ci mancherebbe, perché il mondo è pieno anche di ignoranti e cretini, ma l’impressione è che ormai da parte sua tirarli in ballo sia diventato un comodo alibi per evitare di parlare di altro. Di certo ciò che i suoi compagni di squadra, e ogni persona sensata che capisca di calcio, hanno criticato non è il colore della sua pelle ma il suo comportamento in campo: ovviamente non i goals sbagliati, cosa che fa parte del gioco, ma quella indolenza nel modo di giocare che lo fa sembrare uno che è capitato lì per caso e che se ne frega di tutto quello che gli accade intorno.
Tempo fa fu data di lui una definizione estremamente calzante: “è uno che gioca con le infradito”…; per un calciatore professionista credo non ci sia definizione peggiore, perché significa che deve cambiare mestiere. Ma a Mario importa una cosa del genere? E’ lecito dubitarne visto che nel suo mondo vi sono, a quanto pare, altre priorità quali donne, discoteche, Ferrari. Si dirà che non è il solo calciatore che fa la bella vita, con tutti i soldi che guadagna. Ma nel calcio, come è noto, se c’è il rendimento in campo tutto viene perdonato. Non è il suo caso.
Questo calciatore (?) si è forse giocato tutti i bonus a sua disposizione: quanti allenatori, infatti, hanno cercato di farlo cambiare senza riuscirci? Qualcuno dirà che è fatto così. Bene, allora vada a fare un altro mestiere o si goda i soldi che immeritatamente ha guadagnato come calciatore.
D’ora in poi convocarlo ancora in Nazionale sarà un azzardo non da poco. E, se deve succedere, bisogna che egli diventi uno dei tanti, uno che dovrà averlo meritato non per ciò che potrebbe fare (come è stato finora) ma per ciò che avrà fatto in campo. Come si suol dire dovrà “sudarsi la maglia”, perché in caso contrario assisteremo ad altre puntate di questa triste e forse infinita telenovela.