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Se ne andava un magistrato antimafia, alla fine degli anni ’80, nelle scuole di tutta Italia a parlare di mentalità mafiosa non sapendo, o forse ben sapendo, che da lì a tre anni, la mafia, a lui, non avrebbe risparmiato la morte. Il discorso di Paolo Borsellino al Liceo Visconti di Roma, il 4 maggio del 1989, ben 25 anni fa, durante una conferenza sulla “mentalità mafiosa”, è rivolto non solo agli studenti ma soprattutto ai professori. Borsellino, in quel discorso, spiegò il perché dell’importanza di parlare di mafia agli studenti “…perché se la mafia fosse soltanto criminalità organizzata, una forma pericolosa quanto si vuole di criminalità organizzata, il problema della mafia interesserebbe soprattutto gli organi repressivi dello stato, polizia e magistratura, e ai giovani della scuola fregherebbe ben poco, se non come interesse generale a che la criminalità organizzata venisse comunque repressa.” Ma per Borsellino, “la mafia non è e non è soltanto una forma di criminalità organizzata”. Invita a non cedere alle lusinghe di una via alternativa più facile a quella dell'onestà. “Alla mafia ci si rivolge sia perché più efficiente dell’amministrazione statale sia perché si pensa che la mafia possa creare addirittura una possibilità di sbocco, di crescita economica e una ricchezza che lo Stato non riesce ad assicurare. […] In realtà si trattava e si tratta, sia nel campo della giustizia, sia nel campo della sicurezza, sia nel campo dell'economia, di mistificazioni di enorme portata perché soltanto apparentemente le organizzazioni mafiose sono riuscite, storicamente, a distribuire questo tipo di sicurezza, questo tipo di giustizia, questo tipo di economia. Sono riuscite a distribuirle ad alcuni, a pochi, togliendole ad altri.” […] l'arricchimento di alcuni, marginalizzando invece quelli che volevano lavorare onestamente.” Per questo, per Borsellino era indispensabile insegnare ai giovani di tutta Italia ad essere soprattutto cittadini e che il consenso doveva andare verso le leggi, lo stato e le istituzioni pubbliche. Tale necessità di parlare anche ai giovani nasceva, in quegli anni, dalla consapevolezza che la mafia stava invadendo l’Italia “ a macchia d'olio” e che il rischio era che si potesse polarizzare anche nel resto d’Italia; in lui vi era la consapevolezza che le forme di repressione tradizionali fossero inutili se non si toglieva “attorno alla mafia l'acqua in cui questo immondo pesce nuota. E l'acqua la si toglie[…] insegnando ai giovani a diventare cittadini, a sapersi riconoscere nelle istituzioni pubbliche. Ecco perché il discorso che si fa a proposito della mafia è un discorso che va fatto ai giovani di tutta Italia e non soltanto ai cittadini”. La conclusione del grande Magistrato è una fotografia agghiacciante dell’Italia di oggi: “…. questo è solo metà del cammino perché quand'anche tutti i giovani imparassero veramente a diventare cittadini e a rifiutare queste forme di organizzazioni che si pongono in alternativa, sotto questo profilo, allo stato sarebbe stato fatto metà del cammino. Perché l'altra metà del cammino debbono farla le istituzioni. Altrimenti questo incontro a metà strada fra i giovani che crescono e le istituzioni che rispondono a questa crescita culturale dei giovani non può avvenire. E sino a quando, purtroppo, le istituzioni saranno intese dalle organizzazioni partitiche come posti di occupazione, sino a quando i pubblici amministratori non impareranno che i loro incarichi sono loro attribuiti per l'interesse pubblico e non per gli interessi particolaristici, singoli, di fazione, di lotte, [sino a quando] occuperanno quelle poltrone, occuperanno quei posti soltanto per rispondere agli interessi dei loro partiti o delle loro lobby, questo incontro non potrà avvenire. Ecco perché se da un lato si deve parlare ai giovani di mafia, soprattutto per insegnar loro a diventare cittadini, dall'altro […] bisogna insegnare ai politici a fare politica. Che significa soprattutto agire nell'interesse di tutti e non l'interesse né dei singoli né delle fazioni.” Un luogo di incontro istituzionale dove si incontrano studenti ed insegnanti è sicuramente la Scuola: i giovani studiando hanno l’opportunità di diventare uomini liberi, cittadini e gli insegnanti hanno il privilegio di indicare loro il metodo.