La definizione di “femminismo” sul dizionario Treccani è stata così formulata: “Femminismo: Movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i generi nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica”. Apparentemente dovremmo ritenerci soddisfatte dei risultati ottenuti dopo secoli di lotte. Quote rosa, Telefono rosa, Commissioni per le pari opportunità, e così via, potrei andare avanti con gli strumenti messi in atto per la difesa dei diritti delle donne. Eppure, se mi guardo intorno, negli ambienti di lavoro, all’interno della famiglia, nella società, non vedo molte donne “libere” e neanche così emancipate. La maggior parte di esse sono molto stanche, sottopagate, insomma "cariche". Abbiamo raggiunto un alto grado di parità tra i sessi ma, ancora, vi è la necessità di organismi e leggi a tutela di una conquista evidentemente non matura o, peggio, non riconosciuta. E ciò che indica il fallimento del femminismo non deriva da una bieca cultura maschile che si è imposta, ma sono le stesse donne che restano imbrigliate in contraddizioni storico-educative e nuovi atteggiamenti da “virago”. La donna italiana “media” non ci pensa più a dover rivendicare una parità di ruolo tra i sessi. Non ha tempo, ripropone ritmi e situazioni che ha visto nella propria famiglia di origine: sa che dovrà andare al lavoro, tornare casa senza dimenticare di fare la spesa, preparare la cena e, nel frattempo, magari, avviare la lavatrice, far fare i compiti, ripulire la cucina, stendere la biancheria e prima di dormire una “passatina” al bagno. La agognata conquista della parità tra i sessi si traduce nella realtà spicciola nell’aver ottenuto che il marito sparecchi o lavi i vetri o porti il cane a far pipì. Se osserviamo, invece, il mondo del lavoro, del sindacato, della politica alla donna si chiede di ricoprire un ruolo, per lo più, decorativo. Gli uomini si godono lo spettacolo della competizione - mai dichiarata - tra donne che mirano alla conquista di un ruolo nel gruppo sociale in cui vivono. Le donne non entrano, come gli uomini, in competizione diretta ma utilizzano forme di aggressività indiretta come il pettegolezzo, l'esclusione, gli sguardi cattivi e, una volta raggiunto il potere, adottano comportamenti e metodologie tipicamente maschili sviluppando, per finire, idee sessiste. Il femminismo fallisce perché le lotte che un tempo reclamavano maggiore equità e nutrivano un atteggiamento cooperativo e solidaristico tra donne, sono state soppiantate dall’emancipazione di tipo individualistico dove l’interesse principale è solamente la propria affermazione. Il femminismo fallisce ma la forza che ho potuto ammirare in ristretti gruppi di donne che difendono senza remore altre donne lascia sperare in un post-femminismo realizzato e più maturo.