A partire dal tardo Ottocento, con l’avvento della modernità, Milano subisce notevoli cambiamenti, sia nell’aspetto esteriore, che nella configurazione sociale. La propaganda regia, promuovendo il progresso urbano nel periodo immediatamente postunitario, poneva il capoluogo lombardo al centro di un’intensa opera di modernizzazione e di celebrazione come uno dei principali centri industriale e culturali in Italia. D’altra parte l’urbanizzazione nella “capitale morale” celava un lato meno edificante: gli esponenti delle avanguardie ne sperimentavano in prima persona gli aspetti più oscuri e li descrivevano nelle loro opere, opponendosi così alla retorica ufficiale. La raffigurazione del bohémien era allora sviluppata su più livelli e messa in relazione sia con la resa delle periferie urbane che con l’illustrazione dei tipi sociali appartenenti alle classi subalterne. In contrapposizione alla visione ufficiale, la Scapigliatura si contrapponeva dunque all’immagine edificante della metropoli e dei suoi abitanti e gli autori ad essa afferenti, vicini alle ideologie di sinistra promosse in quel periodo da Turati e Cameroni, si concentravano sulla registrazione dettagliata dei mali sociali, delle ipocrisie della classe borghese e della malagestione monarchica. Nei loro scritti una brutale disamina dei bassifondi era accompagnata dalla rassegna degli abitanti e dei frequentatori delle zone più misere della metropoli, resa in un crudo linguaggio verista. Si veniva quindi a creare un microcosmo, i cui protagonisti erano sfaccendati, donne di mondo, anziani indigenti e disperati, presentati in un susseguirsi di tableau vivant, ciascuno dedicato ad uno specifico contesto di disagio. Tra questi il letterato bohémien riproduceva un modello letterario tipico delle poetiche naturaliste e veriste, ma centrale anche nei brani dello scrittore scapigliato; riconducibile alla figura dell’emarginato, frequentatore di postriboli e quartieri malfamati che vive alla giornata, il personaggio era quindi rappresentativo di costumi ampiamente inneggiati e praticati dagli esponenti dell’avanguardia intellettuale ottocentesca, prima francese, poi italiana, di cui i sopracitati autori si sentivano partecipi.