Dal 25 novembre va pienamente applicata la direttiva europea 88/2003 sull'orario di riposo e di lavoro dei medici e sanitari dipendenti, che prevede massimo 12 ore e 50 di lavoro giornaliero; massimo 48 ore di lavoro settimanale e minimo 11 ore continuative di riposo tra un turno e l'altro. I sindacati sono d’accordo nell’affermare che non si tratta solo di salvaguardare l'integrità psico-fisica dei professionisti e di tutti gli operatori del settore sanitario pubblico, ma piuttosto di garantire cure sicure a tutti i cittadini intervenendo su uno dei principali determinanti del rischio clinico. L'applicazione della Direttiva 2003/88/CE, sempre secondo i sindacati, dovrà essere al centro dell'azione del Governo e della prossima legge di stabilità, per garantire i finanziamenti necessari a stabilizzare l’enorme precariato su cui si è retta l'operatività del sistema sanitario in questi anni e per procedere, ove necessario, all'incremento delle dotazioni organiche. A queste fondamentali regole stabilite in sede europea fanno da contraltare le parole del ministro Poletti agli studenti della Luiss, in occasione di un convegno sui temi del Jobs acts, “dovremo immaginare un contratto di lavoro che non abbia come unico riferimento l’ora di lavoro ma la misura dell’apporto dell’opera. L’ora/lavoro è un attrezzo vecchio che non permette l’innovazione”. La reazione dei sindacati è stata immediata. “Bisogna smettere di scherzare quando si parla di temi del lavoro, bisogna ricordarsi che la maggior parte delle persone fa un lavoro faticoso: nelle catene di montaggio, le infermiere negli ospedali, la raccolta nelle campagne, dove il tempo è fondamentale per salvaguardare la loro condizione”, lo riprende la leader della Cgil Susanna Camusso. Interviene aspramente anche Carmelo Barbagallo, numero uno della Uil, che parla di “liberismo sfrenato” precisando che “il ministro del Lavoro non può pensare di affrontare temi del genere con annunci spot ad uso giornalistico. Se vuole affrontare questi problemi, noi siamo disponibili a sederci a un tavolo, ma cominciamo dal tema della partecipazione e poi, eventualmente, vediamo se per alcuni specifici lavori si possa ragionare secondo differenti logiche». Per finire con Gigi Petteni, segretario confederale della Cisl che aggiunge “è molto meglio che il ministro del Welfare, Poletti, si concentri sulle politiche attive del lavoro o sull’abuso che si sta facendo dei voucher, piuttosto che dare indicazioni sul modello contrattuale”.