Raffaele Guariniello, 74 anni, lascia il ruolo di procuratore e poco dopo Natale andrà in pensione senza usufruire di alcuna proroga. Ha già rassegnato le dimissioni. Lascia, dicendo che l’avrebbe fatto già prima se non fosse stato per il senso di responsabilità per le inchieste da chiudere. Nelle interviste pubblicate dai quotidiani di maggiore rilievo, in questi giorni, racconta di una ricerca di nuovi entusiasmi e di quanto sia venuto a mancare l’interesse per il proprio lavoro dopo 48 anni dal primo incarico. Da lì, le migliaia di inchieste, tra cui, quelle sul caso Eternit; la tragedia alla Tyssen Krupp che diede impulso alla stesura del D. lgs. 81/08 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro; la vicenda Stamina coraggiosamente portata avanti nonostante il clamore mediatico dei malati. Per Guariniello la giustizia è in crisi e nota sfiducia e disaffezione nella sempre maggiore carenza di personale e risorse. Evidenzia che i processi sono lunghi e che la prescrizione è “galoppante”. Sono troppe le sentenze passate in giudicato dove il reato c’è ma è prescritto. Guariniello fa riferimento soprattutto ai settori delicati, di cui si è sempre occupato, come quello sulla salute pubblica e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Afferma che gli infortuni mortali sono aumentati del 14% nel 2015 nonostante sia un settore in cui a Torino si è fatto tanto. Il motivo è da ricercare nel mal funzionamento della Pubblica Amministrazione, nella scarsità dei controlli e nei lunghi processi penali. I più deboli sono destinati a soccombere dove regna il senso di impunità. Ancora, Guariniello si sofferma sui nuovi magistrati che definisce “stanchi”, diversi dalla sua generazione e conclude con il ricordo di “decine di anni felici e il ricordo di un grande lavoro di squadra con colleghi giovani e capaci. Ma non sono malinconico, mi sento ancora in piena attività”.