5 marzo- Pochi giorni fa è stata approvata la legge al Senato e ora si attende la discussione alla Camera sul riconoscimento delle unioni civili e delle convivenze di fatto. L’opinione pubblica si è spaccata su un tema molto delicato che coinvolge non solo le unioni tra persone dello stesso sesso ma anche le coppie etero. In un momento in cui il matrimonio è in crisi, in cui sempre più coppie si lasciano e sempre meno si sposano, le convivenze di fatto sono una realtà ed esprimono, in fondo, che in ogni caso la forma sociale di tipo familiare resiste sotto una veste diversa. Il cosiddetto ddl Cirinnà che disciplina le unioni omossessuali e che dovrà tornare alla Camera per la discussione e l'approvazione ha come punti cardine le differenze tra unioni civili e convivenze di fatto. Infatti, per “unioni civili” si intendono le specifiche formazioni sociali costituite da persone maggiorenni dello stesso sesso; mentre le “convivenze di fatto” fanno riferimento a tutte le coppie formate da due persone maggiorenni (sia etero che omosessuali) non legate da vincoli giuridici ma da un legame affettivo e che possono regolare i propri rapporti patrimoniali attraverso un "contratto di convivenza". Quindi, nel caso di unioni civili, due persone dello stesso sesso faranno una dichiarazione di fronte all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni, che sarà registrata nell’archivio di stato civile. Avranno diritto all’eredità, alla pensione di reversibilità e al mantenimento; all’obbligo di assistenza morale e materiale e alla coabitazione. E’ prevista la comunione dei beni se non richiesto diversamente e la separazione dovrà avvenire davanti all’ufficiale di stato civile. Le convivenze di fatto, invece, sia etero che omosessuali, assumono solo alcuni dei diritti e dei doveri riconosciuti alle coppie sposate come l'assistenza ospedaliera, penitenziaria e gli alimenti a fine convivenza; in caso di morte del proprietario della casa di coabitazione, il convivente avrebbe diritto a continuare ad abitare nella stessa casa ma non oltre i cinque anni. I conviventi potranno gestire i propri rapporti patrimoniali con un "contratto di convivenza" e indicare la residenza, le modalità di contribuzione alla vita comune, la comunione dei beni (voce modificabile in qualunque momento). Infine, la risoluzione della convivenza potrà avvenire anche per volontà unilaterale.