Fa paura la possibile elezione di Donald Trump alle prossime elezioni. Le dichiarazioni su di lui non fanno che svelare tale preoccupazione. Il 26 maggio il messaggero riporta la frase del presidente Usa Barack Obama lanciata dal G7 giapponese che lo definisce “ignorante degli affari del mondo e sprezzante”. Obama aveva già attaccato il magnate, ricordando che la presidenza degli Stati Uniti «non è un reality show». Ma le affermazioni su Trump partono anche dall’Europa e Martin Selmayr, braccio destro del presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, si unisce al coro di commenti scrivendo sul twitter: “G7 2017 con Trump, Le Pen, Boris Johnson, Beppe Grillo? Uno scenario horror che mostra bene che vale la pena di lottare contro il populismo”. In Italia, Berlusconi, ha definito Trump un incrocio tra Grillo e Salvini. Eppure Trump raccoglie consensi nonostante gli insulti perenni a gruppi e persone, riuscendo cavalcare l’insoddisfazione generale. Il linguaggio utilizzato è semplice, non parla di politica vera, non si sofferma sui programmi o piani per il futuro ma lancia slogan e tweet; sfoggia battute e attacchi violenti contro chi lo critica. L’articolo di Mario Platero su sole 24 ore ritrae Trump come una figura poco amata dalla leadership del suo partito ma dimostra una grinta e una leadership politica che gli altri non hanno. Quello che importa non è se i suoi valori o i suoi principi o le sue ricette politiche siano più o meno condivisibili, importa che riesca a prevalere in scioltezza sugli avversari. Trump è attaccato per aver evocato in alcune occasione qualche similitudine con Mussolini, come la frase mussoliniana “meglio un giorno da leone che 110 da pecora” giustificando per l’esternazione dicendo che “era una bella citazione e l’ho ripresa”. Negli anni Trenta, nel primo decennio di Mussolini duce, il presidente americano democratico Hoover mantenne con lui una cordiale conversazione epistolare e scrisse anche lettere di plauso al dittatore dichiarando di essere molto interessato e profondamente colpito da che cosa avesse raggiunto e dal suo evidente fine onesto di risollevare l’Italia e di cercare di prevenire guasti in Europa in generale….”,e scrisse nel 1933, 11 anni dopo la Marcia su Roma.