> GianGiacomo Pisu >> " /> > GianGiacomo Pisu >> " /> > GianGiacomo Pisu >> newcitizenpress.com Testata giornalistica telematica di cultura, spettacolo, sport, cinema, attualit e politica " />
Viene nominato da Plinio il Vecchio nel I secolo D.C, descrivendolo come un pane di ghiande impastato con argilla del quale si nutrivano i Sardi. Era utilizzato per buona parte dell’anno e veniva preparato scegliendo la quantità necessaria di ghiande ben mature, le quali venivano sbucciate e si ponevano a cuocere in una specie di lisciva, ottenuta filtrando l’acqua di cottura attraverso uno strato di argilla speciale, ricca di ferro, e di cenere di alcune erbe aromatiche. La cenere serviva a togliere l’aspro e l’amaro del tannino delle ghiande, e l’argilla dava il glutine necessario a legare l’impasto. Entrambe questi ingredienti contribuivano a render più gustoso e digeribile il pane. Quando le ghiande, per effetto della cottura, raggiungevano la consistenza giusta e il colore del cioccolato, si stendevano su tavole a rassodare, per poi venir tagliate a fette o a pani. Seccato al sole, il pane veniva quindi consumato come un pane qualsiasi, col solito companatico. Secondo lo studio effettuato da Angelino Usai e riportato nel suo libro “Baunei”, il pane di ghiande sopravvive in Ogliastra dove ha nomi differenti: pan'ispeli, lande cottu, Pan'e lande (Baunei e Triei), lande kin abba e ludu orrubiu (Talana e Urzulei). Quest' abitudine alimentare è stata messa in relazione con antiche forme di Geofagia che ha radici antichissime. Platone consigliava alle donne incinta di ingerire argilla come ricostituente, i romani invece, la impastavano con sangue di capra e ne facevano dei biscotti medicinali. Nei mercati dell’Africa Centrale viene invece venduta come digestivo e cura contro la dissenteria. Ricca di minerali come ferro, magnesio e zinco, l’argilla, in piccole dosi, purifica l’organismo e lenisce i disturbi intestinali. Non a caso è uno degli ingredienti principali di diversi medicinali antiacido. Un' indagine della Reale Società Agraria ed Economica di Cagliari non ha considerato l’uso del pane di ghiande come geofagia ma ne ha attribuito, erroneamente, l’utilizzo alla povertà della popolazione dell’interno dell’isola. Questa antica tradizione ha un significato magico e rituale molto interessante. Come per altri rituali legati alla cultura agropastorale sarda, certi significati sacri e simbolici si sono persi e si sono tramandati solo i modi e le forme. In origine era un pasto sacro che esprimeva valori importantissimi. Innanzitutto la pasta veniva mescolata con argilla rossa che veniva prelevata, generalmente in caverne e probabilmente veniva raccolta nel periodo antecedente la luna piena, in quanto ha maggiori proprietà curative rispetto al periodo di luna calante. Il rosso è legato al principio della vita, specialmente il “rosso notturno”, femminile, colore del fuoco sacro e della terra, in cui si opera la rigenerazione dell’Uomo. La terra rossa può così simboleggiare il sangue della Dea Madre fondamento culturale delle prime società sarde. La caverna, poi, è presente in tutti i miti di origine e rinascita: è archetipo dell’utero della Grande Madre, perciò, tutto ciò che si trova nella terra è considerato vivente. La caverna era considerata anche un ricettacolo di energie e questa forza tellurica doveva impregnare l’argilla che vi si trovava così da poter comunicare la forza vitale. Quella Terra rossa trasmutata in pane e mangiata come una vera divinità assicurava la salvezza. Mangiare il sacro pane significava fusione del Uomo con Dio e trasformazione. Attraverso il pasto sacro l’uomo si identificava con la vita stessa della Terra Madre e quindi con l’intima forma della vita. L’uso di consumare ritualmente il pane come corpo del dio era certamente praticato nella Sardegna antica; In origine lo si impastava nella forma di un idolo si stampavano su di esso simboli antropomorfi e veniva mangiato in un banchetto liturgico durante celebrazioni che avevano come scopo la fecondità e la fertilità, oggi viene ancora distribuito il giorno del falò di San'Antonio mentre la Chiesa Cristiana, che viene millenni dopo le antiche popolazioni Sarde, usa il pane (ostia) a simboleggiare il Corpo di Cristo.