In queste settimane di forte tensione mondiale per via della diffusione del COVID-19, si sentono spesso queste tre parole “paura, ansia e angoscia” pronunciate da medici e psicologi. Come studentessa di Psicologia mi sono da subito interessata dell’impatto nella vita delle persone dovuto a questo virus, arrivato improvvisamente e praticamente sconosciuto. Nonostante questi vocaboli sembrino avere tutti lo stesso significato, ci sono delle forti differenze che vanno tenute in considerazione a prescindere dalle interpretazioni esse hanno un significato condiviso ben chiaro.
Partiamo dalla definizione di “paura”. Si tratta di un’emozione, più o meno intensa, che si verifica in presenza di un pericolo. In psicologia è considerata un elemento funzionale poiché ci mette in guardia da eventuali minacce. Segue uno stato di attivazione neurofisiologica che consente all’individuo di rispondere correttamente allo stimolo. In questo contesto è necessario citare il ruolo fondamentale dell’amigdala nella regolazione delle emozioni basiche, tra cui la paura. Si tratta di una struttura a forma di mandorla che risiede nella regione rostro mediale del lobo temporale e si occupa di processare tutte le reazioni emotive. Joseph LeDoux è stato il primo a scoprire che l’amigdala allarma il cervello per far fronte ad una specifica emergenza. Infatti, è proprio l’ amigdala a metterci in stato di allerta in condizioni che potrebbero essere potenzialmente pericolose. Questa situazione, che potrebbe essere dannosa, rimarrà per sempre impressa nella nostra memoria in modo tale da non ripetere lo stesso “sbaglio” . A confermare questa teoria sono gli studi fatti su soggetti con amigdala danneggiata; si è visto come non fossero in grado di individuare situazioni rischiose.
L’ansia è sempre uno stato psichico dell’individuo, caratterizzata da una forte preoccupazione, che subentra quando non vi è una giusta risposta di adattamento da parte dell’organismo ad una certa situazione che rappresenta un forte stress per la persona, ach'essa partecipa ad uno stato adattivo, ma in certe circostanze si parla di “disturbi d’ansia” quando la sua forma diventa patologica e limitante nella vita quotidiana del soggetto. L’ansia presenta anche quattro diverse componenti. Una cognitiva (senso di incertezza nei confronti del pericolo), una somatica (reazioni fisiologiche, come l’aumentata frequenza cardiaca), una emotiva (senso di terrore e panico) e, infine, una comportamentale (comportamenti volontari o non messi in atto).
Infine, l’angoscia, può essere descritta come il picco massimo dell’ansia. Una spiacevole sensazione paralizzante, definita anche come una “paura senza nome”, per questo motivo non è più solo minacciosa, ma spesso anche catastrofica per l'integrità della persona.