I primi quindici giorni dopo il parto, sono per le donne un periodo ricco di cambiamenti psicologici, affettivi e sociali e di sollecitazioni neuroendocrine e ormonali. Gran parte delle neo mamme si adegua correttamente a questa nuova esperienza, vivendola positivamente. Altre donne riportano, in termini transitori, importanti oscillazioni del tono dell’umore, crisi di pianto, senso di inadeguatezza e fragilità emotiva. Questa condizione, diversa dalla più conosciuta “depressione post-partum”, viene definita “maternity blues” e si risolve spontaneamente.
E’ però importante informare e preparare la neomamma con la sua famiglia a questo periodo così delicato e alla possibilità che possa presentarsi questa condizione. Nonostante il “Maternity Blues” sembri particolarmente diffuso tra le donne, ricercatori e professionisti non hanno ancora scoperto dei criteri diagnostici condivisi e validi. Il termine “blues” fa riferimento al fatto che l’umore della mamma è caratterizzato principalmente da toni depressivi. Infatti, secondo gli autori Kennerley, Gath e Newport, questi soggetti si caratterizzano per la presenza di pianti, tristezza, umore labile, ansia, irritabilità e disturbi del sonno e dell’appetito.
E’ necessario specificare che, secondo O’ Hara e Sutter, un’importante presenza di questi sintomi (soprattutto pianto continuo e pensieri di morte), sono predittivi di una successiva depressione clinica. Proprio per questo è fondamentale coinvolgere in maniera tempestiva uno psicoterapeuta perinatale per valutare adeguatamente la situazione. Questa particolare condizione va ad intaccare le modalità di attaccamento madre-figlio. La madre colpita sembra riportare maggiori livelli di ansietà nei confronti del piccolo. Queste donne tendono a toccare meno il proprio figlio, sviluppando quindi un attaccamento di tipo “ritirato”.