La scoperta dell’America, oltre che ad essere uno degli eventi più importanti e significativi nella storia dell’uomo, rappresenta anche un esempio paradigmatico della scoperta che l’Io fa dell’Altro. Quando Colombo scopre l’America, non si accorge di aver raggiunto un nuovo continente e, nonostante le controversie sorte successivamente tra gli eredi del navigatore e la Corona spagnola, dal suo diario di bordo si può evincere che il suo scopo reale è la diffusione della fede cristiana in tutto il mondo, e la sua religiosità è genuinamente vissuta. Da autentico ermeneuta, Colombo mentre naviga, cerca di interpretare i segni che gli si pongono davanti, indicativi della possibile vicinanza alla terraferma e le diverse tipologie di indizi riscontrati rivelano che il suo mondo si articola in tre sfere: una naturale, una divina ed umana. Colombo riserva un’osservazione attenta alla natura che lo circonda, il cui risultato porta a tre diverse tipologie di interpretazione: quella pragmatica nel caso di questioni di navigazione, a quella finalistica quando i segni confermano le credenze e le speranze già possedute, ed al rifiuto di ogni interpretazione nel caso dell’ammirazione per la bellezza delle specie animali e vegetali. Nell’ambito della comunicazione umana, però, Colombo manca di attenzione per la lingua dell’Altro, dimostrando una totale incomprensione per ciò che risulta completamente diverso dai propri canoni di “civiltà”. Infatti, quando si trova di fronte ad una lingua completamente estranea e diversa dalla propria, egli nega in un primo momento che si tratti di una lingua, mentre successivamente ammette che gli Indiani abbiano un proprio linguaggio, rifiutandosi però di crederlo diverso, e ritiene , quindi, che gli indigeni usino le stesse parole degli europei, ma in una cattiva pronuncia. Per questa ragione, durante il primo viaggio, ci fu una totale incomprensione tra spagnoli e indiani, e questi ultimi, per Colombo, sono anch’essi parte del paesaggio, presentandosi fisicamente nudi e privi di ogni proprietà culturale, senza costumi, riti e religioni. Poiché la cultura degli indiani è misconosciuta ed essi sono assimilati alla natura, Colombo li ammira esattamente come faceva con le piante, i fiori e gli animali. Il navigatore genovese, però, è combattuto fra due posizioni, ovvero riconoscere gli indiani come esseri umani completi o meno: quando identifica gli indigeni come uomini con i suoi stessi diritti, non riesce però a considerarli come tali nella loro diversità e proietta i propri valori su di essi; quando, invece, riconosce la differenza fra loro, essa viene tradotta immediatamente in inferiorità. Difatti, in seguito, Colombo passa gradatamente dall’atteggiamento assimilazionista all’ideologia schiavista, considerando gli Indios come popoli da evangelizzare, dimostrando di ritenere gli indiani come oggetti viventi che vuole portare in Spagna come “souvenir”.